Prima di parlarvi un po della vita di mio padre voglio raccontarvi una breve storia; come lui la raccontò a me qualche anno prima di andarsene.
“Ero un ragazzino gracile, in quel periodo si mangiava poco, non c’erano i soldi e potersi permettere qualcosa in più era un lusso. Vicino a casa mia abitava una signora, un’amica di mia madre, che faceva delle ciambelle buonissime, delle quali ogni tanto, quando passavo me ne offriva un pezzetto, sai, i bambini sono golosi! Non mi scorderò mai il sapore di quelle ciambelle. Un giorno ero appena uscito di casa, c’era un bel sole caldo e la signora aveva lasciato aperta la finestra della cucina, dove all’interno, sopra al tavolino c’era una di quelle buonissime ciambelle ancora fumante, appena sfornata; in quel momento ebbi la tentazione di saltare dalla finestra e prendere la torta, già mi vedevo! Ma mi fermai e non lo feci; invece pensai se davvero quella era la direzione dove volevo andare! Mi chiesi, in maniera molto decisa, se rimanere “un disgraziato” per tutta la vita oppure seguire quello che avevo dentro e credere in me stesso. Da quel momento in poi feci una scelta che non ho mai dimenticato e che mi ha portato sino a qui dove sono adesso”
Ci sono dei momenti durante la vita di ognuno, nei quali è essenziale prendere una posizione, decidere in modo chiaro e deliberato dove ci si vuole dirigere davvero.
Mio padre aveva formato necessariamente una personalità molto forte e stabile, ma in sè aveva conservato una tenerezza, una sensibilità e un senso intimo di leggerezza dei quali solo i bambini sono capaci.
Giancarlo nasce a Savignano Sul Rubicone il 26 Febbraio 1935 e all’età di sette anni perse suo padre in una missione su una nave diretta in Libia, durante la seconda guerra mondiale.
Passò la maggior parte della sua giovane età con la madre e la sorella, “un po’ sbattuto di qua e di là” (come diceva lui), perché durante i momenti difficili ci si arrangiava come si poteva e, sebbene sua madre avesse un lavoro, di soldi ce n’erano pochi, ragion per cui anche lui sin da piccolo contribuiva in parte, con poco, andando a cercare tra i rottami i ferri vecchi da vendere per ricavarne qualche soldo. La madre era molto religiosa, ed era un periodo difficile a quei tempi, per cui lui crebbe in un clima mistico impregnato di sofferenza e di speranza, ciò che lo aiutò ad uscire davvero da tali circostanze di degrado, anche interiori, fu sua sorella Raffaella, della quale lui parlava spesso e anche a distanza di anni il ricordo di lei era sempre vivo, sempre presente e vicinissimo. Raffaella aveva sette anni in più di Giancarlo e durante l’infanzia loro due passarono molto tempo assieme (dato che la madre a causa del suo lavoro non poteva essere sempre presente). Raffaella in un certo qual modo lo educò facendogli un pò da guida, conducendolo, già a quella giovane età, ad una ricerca di sé più intima e più profonda.
Spesso lui ci parlava di quello che sua sorella gli aveva insegnato, diceva che con lei riusciva a comunicare senza parole, quando stavano assieme e si tenevano la mano, lui si sentiva come avvolto da un qualcosa di inspiegabile e meraviglioso e tutto quello che c’era attorno a loro spariva, c’era solo pace e beatitudine.
Ci sono stati molti avvenimenti importanti che hanno formato il percorso di Giancarlo e che gli hanno insegnato ad amare profondamente e intimamente la vita così come lui l’amava, alcuni felici e altri un po più tristi (come del resto succede nella vita di ognuno), uno di questi e credo uno dei più importanti, poiché ciò ha dato maggiore impulso alle sue motivazioni di ricerca, è stata la morte della sorella a soli 22 anni. Da come lui me lo raccontava, quando io ero già grande, ho sempre creduto che una parte di papà sarebbe voluta andare con la sorella e in fondo un po’, credo che sia stato proprio così, ma non perché una parte di lui fosse morta con lei, affatto, ma perché una parte di lui, dopo la sua morte, si era trasformata definitivamente e da quel momento in poi non poteva più tornare in dietro; grazie a quella esperienza dolorosa lui comprese in sè un’intima presenza, una consapevolezza della quale prima non era cosciente e fu poi attraverso quella comprensione che continuò a comunicare con Raffaella, nonostante il tempo e la distanza, nonostante tutto. Durante le esperienze difficili della vita c’è solo una possibilità di scelta e cioè quella di andare avanti, comprendere e cambiare, acquisendo qualcosa di nuovo attraverso l’esperienza; poiché, come lui ci ripeteva spesso: ”vivere è un privilegio” e sino a quando ci è concesso non ci possiamo sottrarre alla vita e al maturarne via via il suo significato profondo.
Giancarlo sin da ragazzino aveva ben chiara “la strada che voleva percorrere”, ed è per questo che ha dedicato allo studio della psicologia, della sociologia, delle pratiche taoiste e di guarigione tutto il tempo della sua vita, per dare forma e corpo a quello in cui lui credeva più di qualsiasi altra cosa e in seguito per poter mettere anche a disposizione di altri questa esperienza.
Dopo la laurea, verso i 30 anni egli realizzò in parte il suo obbiettivo iniziando a lavorare come psicologo e psicoterapeuta, prestando il suo aiuto in centri di orientamento scolastici, professionali e in diversi istituti per ragazzi con problematiche psico fisiche e sociali, in equipe con quello che diventerà in seguito uno dei suoi più grandi amici per tutta la vita, il Dott. Ennio Tozzi.
Fu solo verso i 40 anni che Giancarlo aprì il suo primo studio privato come psicoterapeuta e fu un passaggio davvero importante nella sua vita, poichè lui amava molto il suo lavoro, gli piaceva conoscere le persone e potersi scambiare. Attraverso gli altri imparò sempre di più a conoscere se stesso e questo fu per lui una straordinaria opportunità che ricevette da tutte le persone che conobbe e per le quali contraccambiò, attraverso la sua crescita personale, mettendo a servizio se stesso; non a caso uno dei suoi mantra più belli che ci insegnò diceva: “Il mio Spirito è il Tuo Spirito, il Tuo Spirito è il mio Spirito, il mio cuore è il Tuo cuore, il Tuo cuore è il mio cuore, per ritrovarci in quell’Eternità che conduce a Dio”.
Verso i 43 anni Giancarlo incominciò ad appassionarsi alle discipline orientali di attacco e difesa, il judo, il karate, l’aikido e in special modo il kung fu che praticò assiduamente assieme a mio fratello, sino ad arrivare al grado di cintura nera. Anche se forse in apparenza la sua esperienza come apprendista di arti marziali può risultare “un pò marginale” rispetto al suo percorso come terapeuta, in realtà per lui non lo fu affatto, poichè grazie a queste egli si avvicinò allo studio delle pratiche taoiste, di meditazione orientale e probabilmente da quel periodo in poi la sua ricerca riguardante la psicologia e la psicanalisi si direzionò definitivamente verso qualcosa di nuovo. Così quando andavo a casa sua per incontrarlo, oltre agli innumerevoli testi di psicologia e sociologia già ben riposti negli appositi scaffali, sulla sua grande scrivania e appoggiati su tutti i mobili, iniziavano ad accatastarsi libri riguardanti le pratiche spirituali, la medicina alternativa e le nuove tecniche in psicologia, in ogni angolo della casa c’erano libri. Già; quando si trattava di conoscenza papà non si faceva mancare nulla e si dava davvero molto da fare, ma non solo perché gli piaceva, ma anche perché desiderava davvero aiutare gli altri e per fare questo aveva bisogno di imparare; “del resto”, come lui mi diceva sempre: “non si finisce mai e con poco si fa poco; con niente non si fa niente”. Giancarlo frequentò vari maestri, buddisti e non, tra i quali Mantack Chia dal quale ricevette in America il diploma di istruttore dell’Healing Tao, Choa Kok Sui dal quale imparò la tecnica del Pranic Healing, e tanti altri, forse meno conosciuti ma altrettanto fondamentali per il suo apprendimento e per arrivare col tempo a formare una sua pratica, alla quale diede il nome di Tao A.C.A. Yoga.
La sigla A.C.A sono le iniziali di Amore Consapevolezza Armonia, che assieme a quelle che lui chiamava scherzosamente, ma non troppo, “le tre ragazze” e che sono rispettivamente, Volontà, Pazienza e Costanza, rappresentano il fondamento della pratica che ci ha insegnato. In ultimo, c’è un altro maestro che trovo sia importante menzionare e che diede un ulteriore impulso alla suo insegnamento, un maestro al quale Giancarlo si era molto affezionato, soprattutto durante gli ultimi anni della sua vita, sebbene non lo avesse mai conosciuto di persona, ma in un altro modo; questo maestro si chiamava Stylianos Atteshlis conosciuto anche come Daskalos, per qualche anno mio padre andò a Cipro e fece parte del suo gruppo, per ricevere i suoi insegnamenti da parte della figlia Panayiota, poiché Stylianos era già morto qualche tempo addietro.
Giancarlo aveva due grandi passioni, l’amore per la natura e la lettura, la sua biblioteca era infinita; nei giorni di riposo, durante i fine settima, spesso andava alla casa in montagna, dove poteva conciliare tutte e due le cose. Ricordo con immenso piacere le passeggiate che facevamo assieme in montagna, alle volte col gruppo di amici del Tao A.C.A. Yoga e alle volte da soli io e lui.
Ogni cosa di quello che ci stavamo vivendo, ogni cosa che stavamo osservando, sia che stessimo fermi o che fossimo in cammino, era un invito costante ad entrare nel flusso naturale della vita, dell’Amore, ogni più piccola cosa, da un insetto a una foglia, a una montagna, a un corso d’acqua, sotto la sua guida e il suo invito all’ascolto profondo, diventavano come maestri.
C’era molto da imparare da mio padre, aveva camminato tanto, la sua vita era stata molto intensa e aveva molto da insegnare, così ogni venerdì sera un piccolo gruppo di ragazzi si trovava a casa sua per meditare assieme e per ricevere i suoi insegnamenti, ed era il gruppo dei ragazzi del Tao A.C.A. Yoga che si stava formando. La nostra associazione del Tao A.C.A Yoga assieme alla fondazione I.R.E.A. sono state volute da Giancarlo e hanno tutt’ora sede a San Marino, dove sono custodite le innumerevoli registrazioni (della sua voce) che lui ha raccolto mentre trasmetteva al gruppo i suoi insegnamenti.
Mio padre morì l’8 dicembre del 2008 a 72 anni della sua vita e quello che mi ha lasciato ha per me un valore inestimabile; quando stavamo assieme e io gli raccontavo le mie paure, lui allora mi prendeva le mani e guardandomi negli occhi teneramente mi diceva:“vedi, non c’è nulla di cui temere”, portandomi così, attraverso l’infinito che era nel suo sguardo profondo, a vedere tutto ciò che io non avevo ancora il coraggio di vedere: che era l’infinito dentro di me; insegnandomi così ad imparare come si Ama davvero.